TESTI CRITICI DI FABIO CARISIO
Da Art & Wine n. 23

Le etichette per famose cantine del Barolo
Tra le innumerevoli espressioni artistiche di Pierflavio Gallina, da uomo di Langa ed amante del vino Barolo, non poteva mancare la realizzazione di originali etichette. Già nel passato prestigiose cantine come Cavallotto e Vietti di Castiglione Falletto si erano affidate al suo estro per decorare importanti bottiglie; di recente sono state le aziende lamorresi Alberto Voerzio e Trediberri a volere le etichette dell’artista. Ma il riconoscimento più significativo Gallina lo ottenne nel 2002 quando l’Enoteca regionale del Barolo scelse una sua opera per la bottiglia ufficiale di Barolo dell’annata 1998. Il maestro Pierflavio realizzò per l’occasione una originalissima opera in tecnica mista (olio e piombo) che racchiude in sè molteplici simbolismi. Il tralcio di vite, arrampicato sulla merlatura che rievoca il Castello di Barolo, sede dell’enoteca, nasce da due cerchi simmetrici, palese contrapposizione del sole e della luna che governano le sorti della vite; in esse si può anche leggere una vaga allusione orientale di reminescenza taoista.

Le vigne in tecnica mista olio e piombo
Proprio i piombi rappresentano una delle vette della produzione artistica di Gallina: «S’è aperto alla sperimentazione. Ha usato materiali primari, il ferro, la terracotta, le lastre metalliche, il colore ed anche materiali sofisticati, trasparenti ed ingannatori. Ha creato opere più allusive: ma nel fondo, quell’attaccamento alla terra, ai suoi elementi, al suo umido turgore, alla dorata pingue collina, gravida di succo prezioso, non è mai venuto meno. E l’artista polimaterico continua ad offrire il suo tributo alla Langa benedetta» scrisse di lui, nel 1990, Giovanni Carandente, allora direttore della Biennale di Venezia e suo estimatore. Il maestro piemontese si serve dei piombi per dare densità tridimensionale alle colline, per rappresentare la dimensione corporea delle vigne in una plastificazione espressiva che diviene complementare alle narrazioni cromatiche. Come per la terra di Langa, il colore si fa così abito della materia. Il suo piombo Senza titolo (1991, piombo e ottone su cartone vegetale intarsiato, cm. 70 x 100) è stato acquisto dalla Collezione Fondazione De Fornaris per la celebre Gam, Galleria civica di Arte monderna e Contemporanea di Torino

Le incisioni sui paesaggi dell’Unesco
La bellezza è negli occhi di chi guarda, scrisse uno dei più grandi poeti del paesaggio, Johan Wolfgang Goethe. Ma la vera bellezza giorno dopo giorno s’insinua nell’anima di chi la respira fino a sentirsi parte di essa. «Rimane allora la vite nell’attimo prima di essere sradicata. La linfa vitale la percorre ancora come il pensiero percorre la mente: la vite trasuda memorie e colori. Ciascuna vite fonde in sè il soggetto e la materia»: in poche frasi è lo stesso maestro Pierflavio Gallina a svelare l’intimo itinerario camminato “a ritroso” dalla collina e dalla vigna fino alla sua essenza, il tralcio e quindi la vite. La vite è da millenni archetipo della resurrezione della natura in perenne simbiosi con la rinascita di quell’uomo che, anche nell’era tecnologica, è figlio della terra e del cielo. Un homo sapiens et faber che vede la sua esistenza scandita dal corso delle stagioni e dal sorriso del sole.
In questo percorso memorie e colori si fondono, si sublimano in un distillato di emozioni destinato ad essere colto  in ogni sfumatura solo dagli spiriti innamorati della Langa, capaci di leggere le tracce del tempo che dalla desolazione invernale partoriscono la gioia della vendemmia. Gallina, orginario di Santo Stefano Belbo, ha spesso usato la lente poetica di Cesare Pavese per osservare le sue colline. Ma è andato oltre perchè nella sua ricerca visiva si è servito del segno come di un aratro per tracciare il solco, per scolpire la bellezza dei vigneti.
Prima ancora che tradizione e bellezza di Langa trovassero consacrazione nel riconoscimento come Patrimonio Unesco (giugno 2014), prima ancora che tanti pittori piemontesi, italiani e stranieri si facessero rapire dalla suggestione delle colline di Pavese, il maestro Pierflavio ne ha tracciato il confine nella sua anima, lasciando orme indelebili che si distinguono per originalità espressiva e facondia di ricordi e cromie, perchè sono il canto dei miti di Langa. Da circa dieci anni l’artista, dal suo atelier di La Morra, ha sviluppato la produzione pittorica attraverso le incisioni sui paesaggi del vino. Partendo dal tralcio di vite, dal segno essenziale usato a volte in un’affermazione informale (vedere i piombi), come in un cammino di destrutturazione grammaticale di ogni rappresentazione visiva, ha arricchito il suo linguaggio attraverso la sperimentazione di molteplici tecniche miste. Dopo i piombi e le terracotte ecco le grafiche che danno compimento ad una maturità creativa attraverso una meticolosa e raffinata elaborazione stilistica.
Ben padrone di varie tecniche pittoriche e scultoree il maestro Gallina sceglie la forma più elegante e complessa dell’incisione: non si accontenta dell’acquaforte, tecnica volta ad esaltare il segno nelle sue sfumature tonali monocromatiche, ma si cimenta aggiungendo ad essa l’acquatinta, ovvero la possibilità di incidere, sempre tramite lastre in morsura di acidi, una maggiore gamma di varietà cromatiche. E per dare maggiore personalità ad ogni grafica ecco l’ulteriore estrosa intuizione di impreziosire ogni singola opera a mano, con la rifinitura ad acquarello.
Le cromie così ottenute divengono pertanto sgargianti e rivelano l’eccellente sensibilità dell’artista nel trasferire sulle sue grafiche (stampate sempre in tiratura limitata) i colori e le memorie dei vigneti. Ogni opera è una visione a sè, un istante irripetibile che coglie un frammento della storia di Langa e lo cristallizza per sempre. L’architettura dei disegni è sempre orientata da lunghe prospettive  volte ad esaltare proprio il fascino delle dolci e sinuose colline dei vini più pregiati al mondo. Tra le sue opere più suggestive ecco la Cappella del Barolo: la minuscola pieve di campagna tra le vigne delle Brunate divenuta fatiscente, di cui l’artista inglese David Tremlett, sotto l’egida della cantina Ceretto, nel 1999 operò un riadattamento in chiave contemporanea, chiamando l’amico Sol Lewitt a dipingerne gli esterni con le sue appariscenti geometrie policrome. E ancora le incisioni con i leggendari castelli di Barolo,  Castiglione Falletto, Grinzane Cavour, Serralunga d’Alba, intorno ai quali scorrono le scenografie flessuose degli appezzamenti vitati e dei composti filari, tracciati nelle vaste campiture verdi (o bianche della stagione invernale). I colori della terra sono sempre in netto contrasto con quelli del cielo, caratterizzati da intensi blu notturni o da tramonti infuocati dai rossi corallo nei quali si stagliano benedicenti il sole o la luna. Non mancano, come in Profili e pampini o nel Trifulau, le visioni della Langa immersa tra le nebbie mattutine. Ma anche tra di esse lampi di vivido colore accendono le sfumature grigie, ove il segno diventa protagonista assoluto e narra la storia dei pampini e degli alberi: di quella natura splendida che non si stanca mai di stupire. E soprattutto di incantare...

Fabio Carisio

 

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